Farina 0 e panificazione: Verità e inganni sulle etichette
ECONOMIA E POLITICA - 17 03 2025 - Tino
Un tempo, nelle fornerie, veniva prodotto il cosiddetto "Pane Comune". La legge ne imponeva la produzione utilizzando farina di tipo 0. All'epoca sembrava il "pane dei poveri", ma in realtà era il migliore per il benessere dell'organismo. Perché? Per prima cosa, la farina 0 veniva ricavata dalla parte più esterna del chicco di frumento, contenendo ancora una parte di farinello, farinaccio e crusca, elementi benefici per l'intestino. Oggi, con nuovi studi e cambiamenti nelle coltivazioni, sono state introdotte nuove modalità di produzione, non sempre positive per l'organismo umano. Anche leggendo attentamente le etichette, spesso non si ha la certezza di acquistare un prodotto realmente sano. È fondamentale che il consumatore abbia informazioni certe sui prodotti alimentari che acquista. Le etichette, come stabilito dalla legge, dovrebbero riportare fedelmente la composizione del prodotto. Ad esempio, nei negozi di alimentari, grandi o piccoli, molti acquistano farine prodotte dagli stessi mulini. Su un sacchetto di farina di un noto molino si può leggere: "Farina Manitoba tipo 0". Ma è importante sapere che la Farina Manitoba è originaria della regione omonima in Canada. Si tratta di una farina particolarmente forte, con un indice W di 430-460. Nessun altro paese produce naturalmente una farina con le stesse caratteristiche, se non attraverso l'uso di additivi. Questa farina ha un alto contenuto di glutine, estratto dal cuore del chicco di grano. È particolarmente indicata per prodotti lievitati e pane soffiato. La farina di tipo 0, invece, viene ricavata dalle parti più esterne del chicco e ha una forza inferiore, intorno ai 170 W. Il pane è un alimento base della dieta quotidiana, quindi le indicazioni sulle etichette dovrebbero essere chiare e comprensibili per tutti, dato che non tutti conoscono le caratteristiche delle diverse farine. Sul sacchetto della "Farina Manitoba di tipo 0" si leggono le seguenti caratteristiche tecniche: W 270-350, P/L 0,5-0,7. Ma come può una farina chiamata Manitoba avere una forza così bassa rispetto a quella originale? Inoltre, sull'etichetta è riportato: "Può contenere soia, senape, lupino". Questo solleva dubbi: I legislatori scrivono norme sull'etichettatura, ma poi troviamo indicazioni vaghe come "potrebbe contenere". Ma i parlamentari leggono davvero queste etichette? Se lo facessero, dovrebbero contestare certe diciture. Allora, chi fa le leggi? E perché non si impongono regole più chiare ai produttori, che spesso aggirano il problema con formulazioni ambigue? Questa problematica riguarda la maggior parte dei prodotti alimentari. Come può difendersi il consumatore? Oggi sempre più persone soffrono di allergie e intolleranze, forse proprio a causa di una produzione alimentare alterata rispetto all'originale. Il problema non riguarda solo chi acquista al supermercato, ma anche i panettieri, i ristoratori e gli artigiani del settore alimentare. Come possono garantire prodotti sicuri ai loro clienti? I controlli delle autorità sanitarie (USSL) servono davvero a tutelare il consumatore o vengono fatti solo come deterrente? Non sarebbe meglio un supporto concreto per migliorare la qualità dei prodotti alimentari? Queste sono domande importanti per il benessere di tutti. Tino
La Farina 0 per la Panificazione
L'importanza di un'etichettatura chiara
Le incongruenze sulle etichette
Legislazione e tutela del consumatore
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