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L'altra faccia dei mondiali di calcio in Qatar

SPORT E TEMPO LIBERO - 19 12 2022 - Guido Monti

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/leo messi

'Argentina!, Argentina!, Argentina!' Il triplice urrà è risuonato per le vie di Buenos Aires come tra i vicoli di Napoli, dove il 'puma' Diego Maradona resta un idolo indimenticato, per celebrare l'impresa della squadra albiceleste che per la terza volta si è laureata campione del mondo di calcio, lo sport più popolare sulla terra.

 

I conti nel mondo del pallone, così come nella vita, prima o poi finiscono spesso per tornare: sia l'Argentina che la Francia, sua rivale nella finale dell'edizione 2022 disputata a Doha. hanno vinto tante finali quante ne hanno perse, tre i sudamericani e due i cugini d'Oltralpe (anche se i 'galletti' entrambe le volte  sono usciti sconfitti solo dopo aver dovuto soccombere nella crudele e a volte ingiusta lotteria dei rigori). Gli stessi grandi protagonisti del match conclusivo, Leo Messi e Kylian Mbappé, possono vantare un epilogo vittorioso e uno deludente a testa, con la differenza che mentre per il 35enne asso argentino questa era l'ultima possibilità di mettere le mani sulla Coppa del Mondo, il giovane fuoriclasse di origine camerunense, già campione mondiale in Russia nel 2018 a soli vent'anni e adesso capocannoniere del torneo, ha davanti a sé ancora una lunga carriera per potersi togliere parecchie altre soddisfazioni individuali o di squadra.

 

Ma quelli del Qatar, al di là delle vicende personali o relative alle formazioni provenienti dai cinque continenti, sono stati pure mondiali al centro di pesanti critiche come mai era avvenuto in passato: a parte le condizioni climatiche estreme in cui sono stati giocati in una stagione anomala, ben più forti perplessità ha destato un regime, quello qatariota, noto per la sua insensibilità ai diritti umani e in particolare a quelli delle donne e degli omosessuali, nonché propenso alla corruzione tant'è che si ritrova al centro dello scandalo sulla corruzione esploso al Parlamento europeo. Non va inoltre dimenticato che l'allestimento delle infrastrutture necessarie allo svolgimento della massima manifestazione sportiva è costato la morte di centinaia se non forse migliaia di operai originari di Paesi sottosviluppati, una manodopera sfruttata in modo disumano e intollerabile alla faccia delle scontate ma sconsiderate dichiarazioni trionfalistiche rilasciate a fine evento dal presidente della Fifa. Qui, al contrario di altre circostanze, i conti non tornano e c'è da chiedersi, ma senza retorica, se in onore del dio pallone sia concepibile il sacrificio di troppe vite umane alla vana ricerca di un futuro migliore.

 

Guido Monti

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